» La soffitta di InchiostrodiVerso

Posts written by j.darkblue

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    A volte salgo fin quassù per sbirciare fra gli scaffali pieni di polvere... E' un posticino tranquillo in cui i ricordi rispuntano fuori improvvisamente.
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    Ti ringrazio Mournful. felice che il racconto ti sia piaciuto.
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    Questo è un testo che mi ha coinvolto particolarmente; che ho cercato d'interpretare senza riuscire a racchiuderlo in un univoco significato. Ma soprattutto mi ha divertito perdermi nei suoi labirinti fatti di acqua e di fuoco.

    Ti dovrei fare i complimenti? Beh, so che apprezzeresti di più qualcosa di originale. Rileggendo Flash, mi è venuto in mente questa sorta di aforisma. (E' mio) Ti saluto con esso:

    Ogni cosa è quello che è ma anche quello che appare. Non c'è un fiume che scorra in un'unica direzione ma mille rigagnoli che si dipartono da esso; non c'è un fuoco che bruci una volta per tutte, ma migliaia di braci che conservano il loro calore anche sotto la cenere.
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    Voto Il Tempio di Lucio Musto perchè è il racconto che più mi ha stupito per priginalità ed eleganza.
    Tuttavia, anche questo mese, la scelta è stata dura. Avrei voluto poter votare altri due racconti ex aequo almeno.
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    Sei riuscito a parlare della sofferenza d'amore senza essere banale. Se è vero che hai soltanto 17 ann, hai già uno stile di scrittura assai notevole.
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    Molto originale questo racconto... Mi è piaciuto fin dall'inizio e il finale è stato all'altezza delle mie aspettative. Le immagini del "tempio" che si susseguono fanno da cornice ala descrizione dei tuoi stati d'animo. Colori e suoni che trasportano in una dimensione quasi mistica.
    I miei complimenti Lucio.
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    Bel testo. E' un po' breve, ma essenziale. La scrittura è scorrevole. Lo trovo un soliloquio con se stessi che ha i contorni "sfumati"di un sogno.
    Brava.
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    Il nero raccoglie in sé tutti i colori, come affermare che il mondo è pieno di sfumature. Sono pienamente d'accordo.
    Bel racconto dallo stile scorrevole ed elegante. Un autoritratto fatto in terza persona che dice molto e molto lascia intuire.
    Brava miss loryn.
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    Grazie a tutti, sono contenta che vi sia piaciuto. :)
    CITAZIONE
    non ho capito bene se la protagonista soffra di qualche tipo di sindrome o la sua indifferenza è dovuta solo alla mancanza d'interesse per il suo compagno

    La bolla è una rappresentazione della chiusura interiore della protagonista nei confronti non solo del marito, ma del mondo intero.
    CITAZIONE
    ho da dire solo che lo stile denso con cui ti proponi si fa spesso sintatticamente più pesante e ruvido, e su questo potresti lavorare

    A volte dovrei semplificare i periodi: lo so!

    Edited by j.darkblue - 22/5/2013, 15:18
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    Un racconto che mette i brividi. Il dolore trasuda da ogni parola, un dolore infinito, insanabile che lascia appunto "annichiliti". All'inizio non si capisce chi sia quell'uomo, poi tutto diventa chiaro; e allora si è colti dallo sgomento...
    Sebbene il tema sia spinoso, la scrittura a, mantiene un certo garbo (come è già stato detto) ma non perde in forza espressiva.

    I miei complimenti MournfulCreatureOfTheDark
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    Racconto melanconico, in cui il dolore della protagonista (ancora così vivido) si percepisce benissimo attraverso la prosa scorrevole. Le nuvole rosa del titolo, evocatrici di un amore lieto, assumono qui una connotazione opposta. Perciò ritengo che anche la scelta del titolo sia interessante.
    Brava Noewle
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    Racconto che avevo già postato altrove, ma che ripropongo per il contest in una versione ampliata e modificata qua e là


    - Ti sembra un comportamento giusto, il tuo? - chiese Simone rimanendo in piedi sulle gambe divaricate, ma in un precario equilibrio, incurante del fatto che, senza un baricentro stabile, sarebbe potuto cadere da un momento all'altro.
    Le dita della mano destra erano piegate ad artiglio a causa di un tic nervoso al quale egli non poneva più attenzione dal giorno in cui le peculiarità fisiche di qualunque essere umano, comprese le proprie, avevano smesso di apparirgli interessanti.
    Silvia non gli rispose. Non emise un suono, non accennò un gesto. Sebbene lo ascoltasse (giacché la scarsa distanza fra i loro corpi rendeva impossibile arrestare il propagarsi del suono prima che esso penetrasse i suoi timpani), sembrava che lì, nella stanza con lei, non ci fosse nessuno; che la lama di nessuna parola minacciasse di fendere il silenzio impenetrabile dentro cui si era accoccolata.
    Non tentò neppure un moto di protesta circa l'intromissione dell' “estraneo” dentro il proprio spazio vitale: una bolla trasparente ricca di ossigeno, di cui si nutriva con morsi famelici. Normalmente niente e nessuno avrebbe potuto distoglierla dal torpore emozionale in cui amava muoversi come un'ombra senza forma.
    - Posso sperare in un po' di comprensione? in un po' di disprezzo? - insistette l'uomo provocatoriamente, tentando di strapparla a forza dal luogo di clausura interiore dove si rifugiava, ormai, per periodi sempre più lunghi e a intervalli sempre più esigui. - Ti degneresti di rispondermi, almeno? - sbottò, suo malgrado, mentre stava ancora tentando di dominare, in ogni modo, l'onda rabbiosa che sentiva gonfiarsi nel petto con l'irruenza di uno tsunami devastatore.
    Silvia, per alcuni secondi, spinse il proprio sguardo neutro sugli occhi di lui.
    La curiosità di constatare da quale umore fossero attraversati adesso gli specchi neri di un' anima così possessiva, bramosa di risposte, l'affascinò al punto da farla uscire fuori dall' isolamento.
    La vivacità dell'occhiata, che lanciò all'altro, si sostituì in un lampo all'indifferenza piatta con cui lei era solita passare in rassegna le presenze animate e non, cadute nel proprio orizzonte visivo. - Vorresti che ti dicessi ciò che si aspetta un marito? - gli chiese, cogliendolo di sorpresa.
    - Sarebbe un inizio... - ammise l'uomo, avanzando di qualche passo verso il divano. Avrebbe tanto desiderato allungare la mano per accarezzarle il volto; per tentare di riscaldare, con il palmo della mano, il freddo pungente che osservava, impotente, vessare la pelle d'alabastro. Avrebbe voluto abbracciare la moglie finché ogni singola scheggia di ghiaccio, conficcata nel suo fragile cuore, non fosse stata disciolta dal calore confortante che le avrebbe trasmesso. Ma egli rifuggì dall'idea immediatamente, perfino nell'immaginazione. Se soltanto avesse provato ad avvicinarsi ulteriormente, Silvia avrebbe scrollato la testa. Quanto odiava quelle scrollatine impercettibili con con cui presidiava il proprio territorio, difendendolo dalle intrusioni nemiche!
    - Io ti comprendo, io non ti disprezzo, - lo rassicurò lei.
    La risposta gettò l'uomo nello sconforto. - Sai una cosa? Non m'importava sentire ciò che avrebbe detto una moglie, mia moglie, - egli soggiunse, con asprezza malcelata.
    - Credevo di sì. Devo aver frainteso. - Lei parve scusarsi.
    - Adesso dimmi pure quello che preferisci, - la incitò Simone. La richiesta, si accorse un attimo dopo averla formulata, gli era uscita fuori a causa di un lapsus. La rinnovata delusione (scoccata dalla bocca di lei più letale di una freccia avvelenata), aveva spazzato via i pochi rimasugli di speranza – già lacerati - che albergavano in qualche cantuccio del suo amore anchilosato.
    la curiosità di Silvia verso Simone, intanto, si era esaurita nell'arco di pochi battiti di ciglia. Subito dopo lo sguardo della donna si era fissato nuovamente sulla bolla e, attraverso le sue pareti trasparenti, lo aveva fatto scivolare lontano, oltre ogni cosa che aveva scorto vorticare intorno; oltre i riflessi (trepidanti, esigenti, collerici, rassegnati) che aveva intravisto negli occhi questuanti del marito.
    Fuori dalla bolla gli oggetti tornarono a danzare uniti, in una spirale caotica di casualità e determinazione. Ella non sapeva quale consistenza avessero al di là delle pareti opalescenti, le quali, pur sottilissime, frapponevano un filtro efficace fra sé stessa e tutto il resto. Non c'era motivo che lo sapesse perché l'informazione non avrebbe influito sul grado, assai attendibile, delle sue percezioni.
    - Questa faccenda non mi riguarda, - concluse lei, offrendo al suo interlocutore un'eloquente tabula rasa di emozioni. Quindi, rotolò di nuovo dentro un silenzio irreale da cui non fece trapelare il minimo crepitio.
    Egli rimase in piedi dov'era, contemplando il viso d'alabastro della moglie, con l'artiglio di carne che non gl'inspirava il più piccolo ribrezzo così come non gli suscitava la più fievole pena.

    Edited by j.darkblue - 22/5/2013, 12:42
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    Racconto molto bello. Lo stile personalissimo ed elegante non mi ha deluso nemmeno questa volta.
    Dietro il simbolo del Gabbiano si possono nascondere molti significati: il coraggio di continuare a lottare nonostante le avversità che possono capitare; la forza di volare sempre e comunque benché con le ali spezzate; la preziosa libertà di scelta con tutto ciò che ne consegue... A me piace particolarmente quest'ultima interpretazione.
    Bravissimo Erendal
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    Uno scritto molto delicato, condivido ciò che ha detto Erendal.
    Il rivolgersi alla propria anima come a un alter ego è un'idea interessante.
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    Voto il racconto di foglia d'autunno

    Fumo, morti e qualche cifra.

    Anche questa volta è stato davvero difficile scegliere
67 replies since 13/11/2011
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