» La soffitta di InchiostrodiVerso

Votes taken by j.darkblue

  1. .
    A volte salgo fin quassù per sbirciare fra gli scaffali pieni di polvere... E' un posticino tranquillo in cui i ricordi rispuntano fuori improvvisamente.
  2. .
    Racconto che avevo già postato altrove, ma che ripropongo per il contest in una versione ampliata e modificata qua e là


    - Ti sembra un comportamento giusto, il tuo? - chiese Simone rimanendo in piedi sulle gambe divaricate, ma in un precario equilibrio, incurante del fatto che, senza un baricentro stabile, sarebbe potuto cadere da un momento all'altro.
    Le dita della mano destra erano piegate ad artiglio a causa di un tic nervoso al quale egli non poneva più attenzione dal giorno in cui le peculiarità fisiche di qualunque essere umano, comprese le proprie, avevano smesso di apparirgli interessanti.
    Silvia non gli rispose. Non emise un suono, non accennò un gesto. Sebbene lo ascoltasse (giacché la scarsa distanza fra i loro corpi rendeva impossibile arrestare il propagarsi del suono prima che esso penetrasse i suoi timpani), sembrava che lì, nella stanza con lei, non ci fosse nessuno; che la lama di nessuna parola minacciasse di fendere il silenzio impenetrabile dentro cui si era accoccolata.
    Non tentò neppure un moto di protesta circa l'intromissione dell' “estraneo” dentro il proprio spazio vitale: una bolla trasparente ricca di ossigeno, di cui si nutriva con morsi famelici. Normalmente niente e nessuno avrebbe potuto distoglierla dal torpore emozionale in cui amava muoversi come un'ombra senza forma.
    - Posso sperare in un po' di comprensione? in un po' di disprezzo? - insistette l'uomo provocatoriamente, tentando di strapparla a forza dal luogo di clausura interiore dove si rifugiava, ormai, per periodi sempre più lunghi e a intervalli sempre più esigui. - Ti degneresti di rispondermi, almeno? - sbottò, suo malgrado, mentre stava ancora tentando di dominare, in ogni modo, l'onda rabbiosa che sentiva gonfiarsi nel petto con l'irruenza di uno tsunami devastatore.
    Silvia, per alcuni secondi, spinse il proprio sguardo neutro sugli occhi di lui.
    La curiosità di constatare da quale umore fossero attraversati adesso gli specchi neri di un' anima così possessiva, bramosa di risposte, l'affascinò al punto da farla uscire fuori dall' isolamento.
    La vivacità dell'occhiata, che lanciò all'altro, si sostituì in un lampo all'indifferenza piatta con cui lei era solita passare in rassegna le presenze animate e non, cadute nel proprio orizzonte visivo. - Vorresti che ti dicessi ciò che si aspetta un marito? - gli chiese, cogliendolo di sorpresa.
    - Sarebbe un inizio... - ammise l'uomo, avanzando di qualche passo verso il divano. Avrebbe tanto desiderato allungare la mano per accarezzarle il volto; per tentare di riscaldare, con il palmo della mano, il freddo pungente che osservava, impotente, vessare la pelle d'alabastro. Avrebbe voluto abbracciare la moglie finché ogni singola scheggia di ghiaccio, conficcata nel suo fragile cuore, non fosse stata disciolta dal calore confortante che le avrebbe trasmesso. Ma egli rifuggì dall'idea immediatamente, perfino nell'immaginazione. Se soltanto avesse provato ad avvicinarsi ulteriormente, Silvia avrebbe scrollato la testa. Quanto odiava quelle scrollatine impercettibili con con cui presidiava il proprio territorio, difendendolo dalle intrusioni nemiche!
    - Io ti comprendo, io non ti disprezzo, - lo rassicurò lei.
    La risposta gettò l'uomo nello sconforto. - Sai una cosa? Non m'importava sentire ciò che avrebbe detto una moglie, mia moglie, - egli soggiunse, con asprezza malcelata.
    - Credevo di sì. Devo aver frainteso. - Lei parve scusarsi.
    - Adesso dimmi pure quello che preferisci, - la incitò Simone. La richiesta, si accorse un attimo dopo averla formulata, gli era uscita fuori a causa di un lapsus. La rinnovata delusione (scoccata dalla bocca di lei più letale di una freccia avvelenata), aveva spazzato via i pochi rimasugli di speranza – già lacerati - che albergavano in qualche cantuccio del suo amore anchilosato.
    la curiosità di Silvia verso Simone, intanto, si era esaurita nell'arco di pochi battiti di ciglia. Subito dopo lo sguardo della donna si era fissato nuovamente sulla bolla e, attraverso le sue pareti trasparenti, lo aveva fatto scivolare lontano, oltre ogni cosa che aveva scorto vorticare intorno; oltre i riflessi (trepidanti, esigenti, collerici, rassegnati) che aveva intravisto negli occhi questuanti del marito.
    Fuori dalla bolla gli oggetti tornarono a danzare uniti, in una spirale caotica di casualità e determinazione. Ella non sapeva quale consistenza avessero al di là delle pareti opalescenti, le quali, pur sottilissime, frapponevano un filtro efficace fra sé stessa e tutto il resto. Non c'era motivo che lo sapesse perché l'informazione non avrebbe influito sul grado, assai attendibile, delle sue percezioni.
    - Questa faccenda non mi riguarda, - concluse lei, offrendo al suo interlocutore un'eloquente tabula rasa di emozioni. Quindi, rotolò di nuovo dentro un silenzio irreale da cui non fece trapelare il minimo crepitio.
    Egli rimase in piedi dov'era, contemplando il viso d'alabastro della moglie, con l'artiglio di carne che non gl'inspirava il più piccolo ribrezzo così come non gli suscitava la più fievole pena.

    Edited by j.darkblue - 22/5/2013, 12:42
2 replies since 13/11/2011
.